Studio Legale Pistone

TUTELARE IL BRAND NELL’ECONOMIA 4.0

Il marchio di un’azienda contiene al suo interno un universo di significati.
Mentre nelle fasi iniziali di attività, esso indica per lo più il prodotto / servizio offerto, col tempo esso diviene messaggero di tutte quelle ulteriori qualità caratteristiche dell’impresa come ad esempio: affidabilità, lusso o low cost, cura dei dettagli, customer care, eco compatibilità ecc. 
Attraverso il marchio, quindi, si esprime la propria impronta commerciale e si crea un legame di fidelizzazione con il target di consumatori prediletto, al punto che, col tempo, esso assurge a patrimonio immateriale dell’impresa. 
Affinché essa possa adeguatamente sfruttare tale legame e difenderlo da pratiche anti concorrenziali, se non anche illecite, è indispensabile procedere preliminarmente alla registrazione del marchio. 
In particolare, i vantaggi che possono derivarne sono: 
– aumento del valore dell’impresa attraverso il patrimonio immateriale;
– migliore posizionamento sul mercato e aumento del potere contrattuale;
– sfruttamento esclusivo del marchio con conseguente possibilità di:
a. concederlo in licenza (es. mediante contratto di franchising) dietro pagamento di royalties; 
b. difendersi contro ogni forma di abuso (contraffazione, utilizzo non autorizzato ecc.). 
Il rischio che queste pratiche anti concorrenziali possono produrre non è “semplicemente” quello di ledere l’immagine dell’azienda ma altresì di ingenerare confusione nei consumatori e, dunque, indurli a scelte errate. 

Il marchio d’impresa ha il suo principale riferimento normativo nel Codice della Proprietà Industriale.
L’art. 7, in particolare, recita: “Possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese”.
E’ quindi possibile distinguere:
– Marchio denominativo o verbale, composto solamente da parole senza particolari riferimenti grafici;
– Marchio patronimico, costituito dal nome proprio di una persona (molto utilizzato, ad esempio, nel mondo della moda ove si ricorre al nome e cognome dello stitilista);
– Marchio figurativo, costituito da un logo (si pensi ad esempio alla mela di Apple);
– Marchio suono o acustico, composto da jingle musicali che diventano “must” in ambito pubblicitario (si pensi ad esempio al motivetto della pubblicità dei processori Intel);
– Marchio di forma o tridimensionale, con cui sarà possibile registrare la particolare forma del prodotto o la sua confezione;
– Marchio di colore; probabilmente la più controversa categoria di marchio in quanto i colori, in linea generale, sono accessibili a tutti. Tuttavia, esistono celebri casi di marchio di colore che, avendo acquisito una inscindibile identificazione con l’azienda, ne sono divenuti patrimonio immateriale; basti pensare al color lilla/viola della Milka e al giallo arancio della nota casa di champagne Veuve Clicquot.
In ogni caso, affinché un marchio possa essere suscettibile di registrazione e tutela nel nostro ordinamento deve essere: 
nuovo;
dotato di capacità distintiva;
lecito e corrispondente al principio di verità.