Put option e patto leonino nelle società di capitali: divieto o liceità?

La struttura dei suddetti accordi, generalmente stipulati all’atto dell’ingresso nella compagine sociale di un “socio finanziatore”, prevede che a beneficio di quest’ultimo sia convenuta un’opzione di vendita della partecipazione sociale ad un prezzo predeterminato.

Lo schema negoziale in argomento pare ricomprendere, oltre al valore di acquisto, anche una remunerazione (corrispettivo put) del capitale investito sotto forma di corresponsione di interessi. 

Una siffatta impostazione, in aderenza al primo orientamento, costituirebbe una potenziale violazione del divieto di esclusione del socio dalla partecipazione alle perdite sancito dall’art. 2265 c.c., stante la sostanziale garanzia di recupero dell’investimento, rinvenibile nei correttivi previsti per l’esercizio della opzione di “put”.

In altri termini, in una operazione di investimento così concepita, il “socio investitore” non parteciperebbe ai rischi connessi anche ad eventuali perdite, alterando nella sostanza l’oggetto e la causa del contratto, che assumerebbe – invece – la funzione di un finanziamento.

In questo senso, pare utile evocare il seguente principio di diritto, tale per cui: “il divieto di esclusione dalla partecipazione agli utili o alle perdite deve essere riguardato in senso sostanziale, e non formale, per cui esso sussiste anche quando le condizioni della partecipazione agli utili o alle perdite siano, nella previsione originaria delle parti, di realizzo impossibile, e nella concretezza determinino una effettiva esclusione totale da dette partecipazioni”.

Appare di primaria importanza, e pertanto non trascurabile, la circostanza per cui affinché una determinata fattispecie possa essere elusiva del divieto di patto leonino, ovvero di integrarlo, gli accordi contenuti nella scrittura dovranno essere tali da:

  • assicurare l’assoluta e costante (per l’intera durata della partecipazione) esclusione del socio finanziatore dal rischio di impresa:
  • non far emergere alcun ulteriore interesse meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c.

Il complessivo impianto negoziale in disamina pare orientato ad un trasferimento del rischio dal finanziatore divenuto socio al socio che tale finanziamento lo ha ricevuto mediante il patto con clausola put. L’impostazione così determinata è tale da produrre un’assoluta e costante esclusione dell’alea tipica dell’investimento finanziario, e pertanto non meritevole di tutela.

Tuttavia, le problematiche sorgono con riferimento all’ipotesi di un prezzo di vendita predeterminato.

Ebbene, secondo la giurisprudenza testé citata, infatti, tale costrutto negoziale garantirebbe la certezza di recuperare ogni investimento effettuato, rendendo l’opzionario insensibile alle vicende sociali, spogliandolo del rischio di impresa. Un tale assetto poi potrebbe anche aprire ad un potenziale conflitto di interessi rispetto agli altri soci, per l’assoluta neutralità (indifferenza), dal punto di vista economico, da cui sarebbe caratterizzata la sua partecipazione al voto.

Alla luce del superiore orientamento, la lettura del contratto risulterebbe tale da sterilizzare il rischio di perdita del conferimento effettuato dall’investitore titolare della put option, che si garantirebbe la certezza di recuperare l’importo investito al momento di esercitare la put..

In questo senso, sul piano economico, un eventuale  divieto di distribuire utili costituirebbe una ulteriore garanzia rispetto alla situazione di bilancio della società partecipata, che nell’impossibilità di ripartire i dividendi eventualmente conseguiti, vedrebbe crescere il proprio patrimonio netto. 

Elemento, quello del patrimonio netto, che assurge di solito a parametro per la determinazione del “corrispettivo per la put.  

In altri termini: solo chi gode dei vantaggi (divisione degli utili) e al contempo subisce gli svantaggi delle scelte effettuate (rischio di perdite) sarebbe spinto a prendere decisioni equilibrate e coerenti con un corretto esercizio dell’attività sociale.

È parimenti utile precisare che la struttura tecnico-giuridica di un  contratto in così sé non solleva dubbi di legittimità, richiamandosi alle norme del codice civile.

Tuttavia, richiamando il precedente principio di diritto, tale per cui l’interesse perseguito dalla norma deve essere tutelato non solo formalmente, ma anche e soprattutto sostanzialmente, si renderà necessario estendere le riflessioni connesse al divieto contenuto all’art. 2265 c.c. anche rispetto all’ipotesi in cui il risultato vietato sia raggiunto tramite di schemi negoziali di per sé leciti.

Sul punto, la giurisprudenza, evocando l’art. 1344 c.c., ha statuito l’invalidità anche di quegli accordi extrasociali, autonomi rispetto al contratto societario, il cui esito finale sia quello di escludere taluno dei soci dai profitti e dalle perdite, strutturando l’operazione nel suo complesso come un negozio in frode alla legge.

Avv.Alessio Pistone

Avv. Giuseppe Civiletti

Indennità ex art. 1751 c.c. (c.d.“Europea”) all’agente: riconosciuta la massima misura.

Il Giudice accoglie in toto la difesa dello Studio Legale Pistone.

Importante successo dello Studio Legale Pistone: riconosciuta l’illegittimità del recesso per giusta causa della preponente e il pagamento all’agente dell’indennità al 100% di cui all’art. 1715 c.c., oltre all’indennità di mancato preavviso e agli interessi moratori ex D.Lgs. 231/2002

La vicenda nasce nel 2015. Un Agente di commercio operante in forma societaria, (snc) nel settore dell’abbigliamento, subisce il recesso per giusta causa e l’unilaterale risoluzione del rapporto dalla propria Preponente.

La Preponente lamenta un grave inadempimento da parte dell’Agente, declinandolo in svariate supposte mancanze: dalla (1) mancata adesione dell’agente alle istruzioni della Preponente, alla (2) mancata copertura commerciale della zona da parte dell’Agente; dal (3) continuo calo del fatturato dell’Agente con elevato numero di insolvenze, alla (4) mancata presenza dell’Agente nella fase “post vendita”; infine gli contesta (5) una presunta attività svolta dall’Agente stesso in “concorrenza sleale ed indebita” rispetto all’attività svolta dal Preponente.

Il Tribunale accoglie senz’altro le ragioni dell’Agente ricorrente, difeso dall’Avv. Alessio Pistone, riconoscendo l’illegittimità del recesso per insussistenza di giusta causa, quindi il pagamento dell’indennità ex art. 1715 c.c. nella massima misura, oltre all’indennità di mancato preavviso e agli interessi moratori.

Da quanto emerso in istruttoria, non sussistono, infatti, elementi sufficienti che inducano a ritenere che il denunziato calo del fatturato sia dovuto a negligenza dell’Agente e, quindi, da suo inadempimento.

È fatto notorio, ricorda il Giudice, che in quegli anni presi a campione dalla Preponente per muovere il rimprovero all’agente vi era un acclarato andamento negativo dell’economica e una recessione generale. Tanto più che il settore di riferimento è proprio quello dell’abbigliamento.

In aggiunta, evidenzia come il contratto di Agenzia stipulato tra le parti non prevedesse un minimo obiettivo di fatturato da raggiungere. Dunque, l’onere della prova della diminuzione degli affari spettava alla Preponente, che nulla ha saputo allegare a proprio favore, se non un elenco di contatti che erano stati suggeriti all’Agente per allargare il fatturato.

E tale elenco rilevava a ben poco, dato che non vi è nessuna certezza che il contatto e il rapporto che l’Agente avrebbe potuto instaurare con questi contatti avrebbe portato ad un aumento sicuro del fatturato.

Anzi, è nella discrezionalità dell’Agente operare cercando nuovi clienti secondo la propria perizia, peraltro specifica dell’area geografica del luogo in cui dovrà inserirsi ed espandersi commercialmente.

Per ciò che riguarda le perdite dovute ad insolvenza di clienti, a tenore di contratto, l’opportunità del concludere affari o meno con essi restava nell’insindacabile giudizio della Preponente.

“Far ricadere sull’agente, come addebito, le conseguenze dell’insolvenza dei clienti, significherebbe far carico all’agente di una responsabilità non sua, sino all’estrema conseguenza invocata dalla preponente della risoluzione del contratto”.

Genericamente, la Preponente accusa l’Agente di essersi disinteressato del commercio e di non aver dimostrato disponibilità né puntualità nel rapporto con i clienti e nel riassortimento della merce.

Di contro, l’Agente produce prove documentali in merito alla sua diligente attività relativa proprio alla necessità di riassortimento, ai problemi con i clienti su ordini e modalità di pagamento, ai rapporti con il pubblico, alla segnalazione dei difetti del prodotto, causa dell’insuccesso di un’intera collezione.

Il Giudice dà ragione alla nostra difesa smentendo anche la più importante delle imputazioni mosse dalla Preponente all’Agente: la violazione del divieto di concorrenza.

Ebbene, viene provato come i prodotti di vestiario del secondo marchio rispondessero a target di vendita completamente diversi, data la notevole differenza di prezzo tra articoli dello stesso tipo. Inoltre, tra le altre, e di ancora maggiore importanza è la prova della conoscenza, da parte della Preponente, dell’ulteriore attività svolta dall’agente, mai, fino ad ora, contestata come attività in concorrenza con quella svolta per la stessa Preponente.

Per leggere il testo integrale delle sentenza (una sentenza non definitiva sull’an e una definitiva sul quantum, cliccare

https://drive.google.com/file/d/1DsNXO9NyRqRnHxkTHC1-QJBo2L20cEo6/view?usp=sharing

https://drive.google.com/file/d/1FVCtN_3pQmcdTmfJ5IaZNm-S1bSmxBH5/view?usp=sharing

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Agente in attività finanziaria e Mediatore creditizio: quali i requisiti, gli obblighi e le caratteristiche della loro attività

Il D.lgs. 141/2010 ha cambiato le regole dell’agire di due note categorie professionali: l’Agente in Attività Finanziaria e il Mediatore Creditizio.

La nuova disciplina si trova collocata nel Testo Unico Bancario.

Posizione che potrebbe significare una precisa volontà del legislatore di ricomprendere finalmente la regolamentazione normativa di entrambe le figure nel Testo Unico, riassumendo in esso quanto previsto dal D. Lgs. del 1999 (D. Lgs. n. 374, 25/9/99) per gli Agenti in Attività Finanziaria e quanto disegnato dalla legge del 1996 (L. n° 108, 7/3/1996) per i Mediatori Creditizi.

Il Titolo VI bis del Testo Unico Bancariocontiene ora la disciplina dell’Agente in Attività Finanziaria, dedicandole il dettato di cui all’art. 128 quater:

  • È Agente in attività finanziaria“il soggetto che promuove e conclude contratti relativi alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma o alla prestazione di servizi di pagamento, su mandato diretto di intermediari finanziari previsti dal Titolo V, istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica, banche o Poste Italiane” (art. 128 quater, comma 1).
  • Per quanto riguarda la loro attività, la norma prevede che l’agente possa svolgere esclusivamentele predette attività, ricomprendendo anche quelle ad esse connesse o strumentali (art. 128 quater, comma 1).

Tuttavia, la riserva di attività non si applica agli agenti che prestano servizi di pagamento per conto di istituti di moneta elettronica o istituti di pagamento comunitari(art. 128 quater, comma 7).

  • È prevista la registrazione obbligatoria ad un apposito elenco, tenuto dall’Organismo, OAM, istituito dal 12.12.2011 (ex art. 128 undecies), per chi decida di intraprendere l’esercizio professionale dell’attività di agente in attività finanziaria nei confronti del pubblico(art. 128 quater comma 2), rispettando precisi requisiti:

a) per le persone fisiche: cittadinanza italiana o di uno Stato dell’Unione europea ovvero di Stato diverso secondo le disposizioni dell’articolo 2 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e le norme sulla condizione dello straniero, di cui al d.lgs. n. 286/98, e domicilio nel territorio della Repubblica;

b) per i soggetti diversi dalle persone fisiche: sede legale e amministrativa o, per i soggetti comunitari, stabile organizzazione nel territorio della Repubblica;

c)requisiti di onorabilità e professionalità,compreso il superamento di un apposito esame. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche, i requisiti si applicano a coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo e, limitatamente ai requisiti di onorabilità, anche a coloro che detengono il controllo;

e) per i soggetti diversi dalle persone fisiche sonoinoltre richiesti un oggetto sociale conforme con quanto disposto dall’articolo 128-quater, comma 1, ed il rispetto di requisiti patrimoniali, organizzativi e di forma giuridica (art. 128 quinquies, comma 1).

  • L’efficacia dell’iscrizione è condizionata alla stipula di una polizza di assicurazione della responsabilità civile per i danni arrecati nell’esercizio dell’attività derivanti da condotte proprie o di terzi del cui operato gli agenti rispondono a norma di legge (art. 128 quinquies, comma 1-bis).
  • La permanenza nell’elenco è subordinata all’esercizio effettivo dell’attività e all’aggiornamento professionale (art. 128 quinquies comma 2).
  • Gli agenti che prestano esclusivamente i servizi di pagamento sono iscritti in una sezione speciale dell’elenco, al ricorrere di determinate condizioni e di espressi requisiti riferiti all’attività svolta, stabiliti con regolamento (adottato, ex art. 17 co.3, L. 400/88, dal Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia). Ai soggetti iscritti nella sezione speciale non si applica la riserva di esclusiva e la limitazione relativa agli intermediari di cui al quarto comma dell’art. 128 quater,  di seguito riportato (art. 128 quater, comma 6).
  • l’agente che presta servizi di pagamento per conto di istituti di moneta elettronicaistituti di pagamento comunitari comunica all’Organismo(di cui all’art.128-undecies) l’avvio dell’operatività sul territorio della Repubblica, i propri dati aggiornati, le eventuali variazioni nonché la conclusione della propria attività, utilizzando la posta elettronica certificata (PEC). Quando deve essere istituito il punto di contatto centrale (ex art.art. 42, co.3, D.Lgs n. 231/07, le comunicazioni sono effettuate dallo stesso punto di contatto per via telematica. Spetta all’Organismo stabilire la periodicità e le modalità di invio della comunicazione (art. 128 quater, comma 7-bis).
  • Gli agenti in attività finanziaria svolgono la loro attività su mandato di un solo intermediario o di più intermediari appartenenti al medesimo gruppoTuttavia, nel caso in cui l’intermediario conferisca mandato solo per specifici prodotti o servizi, è tuttavia consentito all’agente, al fine di offrire l’intera gamma di prodotti o servizi, di assumere due ulteriori mandati(art. 128 quater, comma 4) .
  • Il mandante risponde in solido dei danni causati dall’agente in attività finanziaria, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale (art. 128 quater,comma 5).

Dopo aver delineato caratteristiche e requisiti dell’attività dell’Agente in attività finanziaria, il Titolo VI del Testo Unico Bancario delinea la disciplina del Mediatore creditiziodandone la definizione di cui all’art. 128 sexies:

  • È Mediatore creditizio“il soggetto che mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari finanziari previsti dal Titolo V con la potenziale clientela per la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma” (art. 128 sexies, comma 1).
  • Il mediatore creditizio svolge esclusivamentela predetta attività, nonché quelle ad essa connesse o strumentali, senza essere legato ad alcuna delle parti da rapporti che ne possano compromettere l’indipendenza (art. 128 sexies, comma 3).
  • Anche per il Mediatore creditizio è prevista l’iscrizione obbligatoria ad un apposito elenco, quando l’esercizio della professione è diretto al pubblico e in presenza dei seguenti requisiti:

a) forma di società per azioni, di società in accomandita per azioni, di società a responsabilità limitatao disocietà cooperativa;

b) sede legale e amministrativa o, per i soggetti comunitari, stabile organizzazione nel territorio della Repubblica;

c) oggetto sociale conforme con quanto previsto dall’articolo 128- sexies, comma 3, e rispetto dei requisiti di organizzazione;

d) possesso da parte di coloro che detengono il controllo e dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo dei requisiti di onorabilità;

e) possesso da parte dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo, di requisiti di professionalità, compreso il superamento di un apposito esame (art. 128 septies).

  • La permanenza nell’elenco è subordinata all’esercizio effettivo dell’attività e all’aggiornamento professionale (art.128 septies, comma 1-bis).
  • L’efficacia dell’iscrizione è condizionata alla stipula di una polizza di assicurazione della responsabilità civile per i danni arrecati nell’esercizio dell’attività derivanti da condotte proprie o di terzi del cui operato i mediatori rispondono a norma di legge (art. 128 septies, comma 1-ter).

SUBORDINAZIONE E AGENZIA

Quando il rapporto di agenzia simula un rapporto di lavoro subordinato e spettanza delle differenze retributive

La giurisprudenza in più occasioni ha fatto applicazione dei principi generali in materia di lavoro subordinato per distinguerlo dal rapporto di agenzia, avente natura parasubordinata e che prevede espressamente la sottoposizione dell’agente a direttive ed istruzioni.

In particolare, ha evidenziato che la presenza in un rapporto di indici quali:

  • la collaborazione 
  • l’assenza nel lavoratore del rischio economico 
  • la continuità della prestazione 
  • la predeterminazione della retribuzione 
  • l’obbligo di osservanza di un determinato orario, 
  • l’alienità dei mezzi di produzione, 

possono avere un rilievo distintivo soltanto complementare e secondario e divengono non determinanti se non accompagnati dal requisito della subordinazione, intesa quale vincolo di natura personale che assoggetta il prestatore d’opera al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro con conseguente limitazione della sua libertà.

Per ritenere, dunque, sussistente la subordinazione è necessario accertare che la prestazione d’opera sia regolata nel suo svolgimento e che, quindi, il potere direttivo del datore di lavoro inerisca all’intrinseco svolgimento della prestazione lavorativa poiché solo in questi casi il vincolo si traduce in limitazione significativa della libertà del prestatore d’opera, che generalmente si ritiene valga ad evidenziare e caratterizzare la natura subordinata del rapporto di lavoro, che non è presunta dalla legge, ma deve essere dimostrata da chi la deduce con il riscontro in concreto del sopra specificato requisito della subordinazione.

Ma una volta dimostrato, a seguito di accertamento giudiziale, che un agente doveva essere in realtà inquadrato come lavoratore subordinato, quali rivendicazioni retributive devono essere considerate?

La risposta della giurisprudenza è chiara.

La retribuzione spettante al lavoratore subordinato, fittiziamente inquadrato come agente, deve essere stabilita sulla base del criterio dell’assorbimento, e non di quello del cumulo dei compensi pattuiti e dei minimi previsti dalla contrattazione collettiva. Pertanto, nel caso in cui risulti accertato in sede giudiziale che tar le parti è intercorso un rapporto di lavoro subordinato, e non un rapporto di agenzia, in contrasto con la sua qualificazione negoziale, e quindi sia riconosciuto al dipendente il trattamento retributivo previsto dai contratti collettivi per l’intera durata del rapporto di lavoro, occorre porre a confronto il trattamento economico percepito dal lavoratore in base al contratto di agenzia e quello che gli sarebbe spettato secondo le previsioni dell’invocata contrattazione collettiva, ai fini della individuazione del trattamento complessivamente più favorevole.

Pertanto, in concreto, se il lavoratore ha percepito a titolo di provvigioni, premi e benefit, un importo pari al trattamento globale spettante sulla base dei minimi tabellari di cui al contratto collettivo nazionale, nulla sarà dovuto al predetto lavoratore a titolo di differenze retributive.

Guarda anche l’articolo: “Perché rivolgersi ad un Avvocato specializzato in contratto di agenzia”, qui  

OBBLIGO DI NON CONCORRENZA NEL CONTRATTO DI AGENZIA: COSA SI INTENDE?

Ai sensi dell’art. 1743 codice civile, l’agente non può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro. Si tratta di un obbligo dell’agente che investe la stessa funzione del contratto di agenzia e pertanto ne costituisce elemento naturale, che sussiste quindi in assenza di contraria previsione.

L’agente non può quindi promuovere prodotti in concorrenza con quelli oggetto del contratto di agenzia; in caso di violazione di tale obbligo, risponde nei confronti del preponente a titolo di responsabilità contrattuale, con conseguente diritto del preponente alla risoluzione del contratto e al risarcimento del danno.

La giurisprudenza ha precisato in proposito che ai fini del rispetto dell’obbligo di non concorrenza rileva non tanto la produzione e commercializzazione di prodotti identici o simili da parte di più imprese quanto il mercato (cioè la clientela) al quale essi si rivolgono. L’agente può agire per conto di più aziende produttrici concorrenti, ma non anche per i prodotti in concorrenza con quelli oggetto dell’attività per cui ha assunto l’incarico. Dunque, se il preponente intende impedire all’agente di trattare con le imprese concorrenti in aree di mercato diverse da quelle stabilite nel contratto, per evitare che le informazioni riservate riguardanti un prodotto possano essere comunicate a terzi, dovrà inserire nel contratto una apposita clausola che preveda espressamente tale divieto.

Affinché si possa realizzare una inadempienza contrattuale dell’Agente non è sufficiente che quest’ultimo svolga la propria attività promozionale per conto di più imprese concorrenti, ma occorre altresì che l’attività in tal senso esercitata sia diretta a favorire la conclusione, nell’ambito di una “stessa zona”, di affari attinenti ad uno “stesso ramo”, ovvero affari relativi a prodotti omogenei e destinati alla medesima clientela.

TUTELARE IL BRAND NELL’ECONOMIA 4.0 – Prima parte

Il marchio di un’azienda contiene al suo interno un universo di significati.
Mentre nelle fasi iniziali di attività, esso indica per lo più il prodotto / servizio offerto, col tempo esso diviene messaggero di tutte quelle ulteriori qualità caratteristiche dell’impresa come ad esempio: affidabilità, lusso o low cost, cura dei dettagli, customer care, eco compatibilità ecc. 
Attraverso il marchio, quindi, si esprime la propria impronta commerciale e si crea un legame di fidelizzazione con il target di consumatori prediletto, al punto che, col tempo, esso assurge a patrimonio immateriale dell’impresa. 
Affinché essa possa adeguatamente sfruttare tale legame e difenderlo da pratiche anti concorrenziali, se non anche illecite, è indispensabile procedere preliminarmente alla registrazione del marchio. 
In particolare, i vantaggi che possono derivarne sono: 
– aumento del valore dell’impresa attraverso il patrimonio immateriale;
– migliore posizionamento sul mercato e aumento del potere contrattuale;
– sfruttamento esclusivo del marchio con conseguente possibilità di:
a. concederlo in licenza (es. mediante contratto di franchising) dietro pagamento di royalties; 
b. difendersi contro ogni forma di abuso (contraffazione, utilizzo non autorizzato ecc.). 
Il rischio che queste pratiche anti concorrenziali possono produrre non è “semplicemente” quello di ledere l’immagine dell’azienda ma altresì di ingenerare confusione nei consumatori e, dunque, indurli a scelte errate. 

Il marchio d’impresa ha il suo principale riferimento normativo nel Codice della Proprietà Industriale.
L’art. 7, in particolare, recita: “Possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese”.
E’ quindi possibile distinguere:
– Marchio denominativo o verbale, composto solamente da parole senza particolari riferimenti grafici;
– Marchio patronimico, costituito dal nome proprio di una persona (molto utilizzato, ad esempio, nel mondo della moda ove si ricorre al nome e cognome dello stitilista);
– Marchio figurativo, costituito da un logo (si pensi ad esempio alla mela di Apple);
– Marchio suono o acustico, composto da jingle musicali che diventano “must” in ambito pubblicitario (si pensi ad esempio al motivetto della pubblicità dei processori Intel);
– Marchio di forma o tridimensionale, con cui sarà possibile registrare la particolare forma del prodotto o la sua confezione;
– Marchio di colore; probabilmente la più controversa categoria di marchio in quanto i colori, in linea generale, sono accessibili a tutti. Tuttavia, esistono celebri casi di marchio di colore che, avendo acquisito una inscindibile identificazione con l’azienda, ne sono divenuti patrimonio immateriale; basti pensare al color lilla/viola della Milka e al giallo arancio della nota casa di champagne Veuve Clicquot.
In ogni caso, affinché un marchio possa essere suscettibile di registrazione e tutela nel nostro ordinamento deve essere: 
nuovo;
dotato di capacità distintiva;
lecito e corrispondente al principio di verità. 

Nel prossimo articolo entreremo nel merito di questi requisiti e analizzeremo altri importanti aspetti della tutela del #brand.

A cura dell’Avv. Giuseppe Civiletti (partner dello Studio Legale Pistone)

INDENNITA’ ATTIVITA’ DI INCASSO

Tra gli obblighi dell’agente può essere incluso anche quello di incassare i pagamenti presso la clientela ed altresì quella di recuperare i crediti laddove i termini di pagamento siano ormai scaduti. E’ questa la c.d. attività di incasso.

Entrambe le predette attività sono da considerarsi accessorie; infatti, l’art. 1744 c.c. si limita a prevedere la necessità di una apposita ed espressa attribuzione della facoltà di riscuotere i crediti del preponente.

La contrattazione collettiva precisa che l’attività di incasso deve essere remunerata con un compenso aggiuntivo oltre a quello direttamente collegato alla promozione della conclusione di contratti, in quanto, in assenza di ciò, il recupero degli insoluti rientra comunque nell’attività dell’agente senza necessità di un compenso ulteriore.

Nello specifico, l’AEC settore industria prevede che nell’ipotesi in cui venga conferito all’agente un apposito incarico di svolgere attività di incasso presso la clientela, con responsabilità per errore contabile, deve essere contrattualmente individuata una provvigione separata o un compenso aggiuntivo per tale attività accessoria.

L’AEC settore commercio ha stabilito invece che deve essere corrisposto un compenso in forma non provvigionale.

Quindi, in via generale, in mancanza di previsioni contrattuali, la semplice attività di recupero degli insoluti non può essere qualificata come attività di incasso vera propria e non dà diritto, dunque, ad alcun compenso aggiuntivo, in assenza di un preciso conferimento dell’incarico a riscuotere, di una continuità dell’incarico e di una responsabilità per errore contabile.

Al riguardo la giurisprudenza ha chiarito che qualora con l’originaria stipulazione del contratto di agenzia sia stata prevista la facoltà dell’agente di riscuotere i crediti del preponente, l’esercizio di tale facoltà non dà luogo ad un autonomo rapporto e non richiede uno specifico compenso, ma si deve considerare compreso nell’opera globalmente dovuta dall’agente e remunerata con le provvigioni; qualora, invece, la facoltà e l’obbligo di esigere siano intervenute nel corso del rapporto deve ritenersi che l’attività di esazione costituisca una prestazione accessoria ulteriore rispetto all’originario contratto e richieda una propria remunerazione a termini dell’art. 2225 c.c.

Se le parti non hanno provveduto a stabilire il compenso in occasione dell’attribuzione dell’incarico né in corso di rapporto, sarà il giudice che lo determinerà in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo.

Nel caso in cui l’attività di incasso sia stata scolta al di fuori da qualsiasi incarico, può essere esperita unicamente l’azione generale di arricchimento ex art. 2041 c.c.

INDENNITA’ DI FINE RAPPORTO AGENTI DI COMMERCIO:CRITERI DI CALCOLO

INDENNITA' DI FINE RAPPORTO

SOMMARIO

Una breve guida realizzata dallo Studio Legale Pistone sui metodi di calcolo delle Indennità di fine rapporto nei contratti di AGENZIA.

La materia è regolata sia dal Codice Civile che dagli Accordi Economici Collettivi di Settore.

L’ Avv. Alessio Pistone ha realizzato questo vademecum per consentire a tutti gli Agenti di capire come funziona il complesso meccanismo delle indennità di fine rapporto e i casi in cui queste spettano.

Solo un Avvocato specializzato in contratti di Agenzia è in grado di conoscere tutte le complesse procedure per far si che l’Agente di commercio possa reclamare e ottenere esattamente tutto quello che gli spetta. 

Indennità di fine rapporto quando spettano e come si calcolano

Gli AEC Commercio 2009 (nel testo definitivo del 10.3.2010) e Industria 2014 (e prima ancora Industria 2002), come è noto suddividono l’indennità di fine rapporto spettante all’Agente in tre diversi emolumenti:

  1. L’indennità di risoluzione del rapporto (FIRR);
  2. L’indennità suppletiva di clientela (ISC);
  3. L’indennità meritocratica (IM).

a) L’indennità di risoluzione del rapporto viene accantonata ogni anno dal Preponente (in un periodo compreso tra il 1° ed il 31° marzo dell’anno successivo rispetto a quello in cui vengono liquidate le provvigioni all’Agente) nel c.d. Fondo Indennità Risoluzione Rapporto (F.I.R.R.) costituito presso la Fondazione Enasarco.

Tale indennità viene materialmente erogata dall’Enasarco all’Agente sempre, indipendentemente da eventuali incrementi di clientela o fatturato, tranne due ipotesi previste però soltanto dall’A.E.C. Industria del 2014.

Infatti, a seguito della riscrittura definitiva intervenuta l’1 marzo 2010, l’A.E.C. Commercio prevede che il F.I.R.R. sia sempre dovuto all’Agente, anche in caso di recesso per giusta causa da parte del Preponente ed anche in caso di contratti di agenzia a tempo determinato.

Pertanto, a far data da aprile 2010, sono venute meno le cause di mancato riconoscimento delle somme FIRR presenti nel testo previgente del 16.2.2009, ovvero: a) ritenzione indebita da parte dell’Agente di somme di spettanza del Preponente; b) concorrenza sleale o, per i monomandatari, violazione di esclusiva.

L’A.E.C. Industria del 2014, al contrario, ha riproposto le medesime due cause di esclusione del F.I.R.R. presenti nell’A.E.C Commercio 2009, nella stesura antecedente alle modiche del 1° marzo 2010, e nell’A.E.C. Industria 2002; in tali ipotesi sopradescritte, pertanto, la Preponente attiverà la procedura per il riaccredito a proprio favore delle somme già accantonate al Fondo stesso.

Ecco perché in tali ipotesi diventa importante per l’Agente, con l’assistenza di uno Studio Legale specializzato in materia, dapprima impugnare in via stragiudiziale il recesso per giusta causa intimato dalla Preponente e fondato sulla sussistenza di uno dei due motivi sopra citati e, successivamente, depositare ricorso giudiziale innanzi al Giudice del Lavoro, trasmettendone immediatamente copia alla Fondazione Enasarco; in tal modo quest’ultima non potrà procedere al riaccredito delle somme FIRR in favore della mandante ma dovrà attendere obbligatoriamente l’esito del giudizio.

Il calcolo del contributo FIRR viene effettuato a scaglioni, con differenti aliquote in rapporto alle provvigioni e in base a determinati parametri: provvigioni liquidate nell’anno solare precedente, tipologia (monomandatario o plurimandatario) e mesi di durata del mandato; quando il rapporto comincia nel corso dell’anno solare gli scagioni sono ridotti in proporzione ai mesi di durata del rapporto nell’anno solare stesso.

L’obbligo per la Preponente di accantonamento presso l’Enasarco si interrompe alla data di chiusura del mandato, pertanto il FIRR relativo all’anno della cessazione va liquidato dalla Preponente direttamente all’Agente.

La liquidazione del FIRR all’Agente, ad eccezione delle ipotesi sopra menzionate, è automatica, nel senso che una volta che il Preponente abbia comunicato la cessazione del rapporto, l’Enasarco dovrà provvedere al pagamento di quanto dovuto all’Agente; qualora il Preponente non provveda ad effettuare la dovuta comunicazione, l’Agente potrà attivarsi direttamente inviando all’Ente di Previdenza apposita richiesta.

b) L’indennità suppletiva di clientela, viene erogata direttamente dalla Preponente all’Agente all’atto dello scioglimento del contratto, anche dei contratti a termine, in aggiunta all’indennità di risoluzione del rapporto (F.I.R.R.).

Tale indennità non è dovuta se il contratto si scioglie ad iniziativa della Preponente per un fatto imputabile all’Agente e se a recedere sia volontariamente l’Agente, eccezion fatta per le seguenti ipotesi (sempre che si verifichino dopo che il rapporto sia durato almeno un anno):

– recesso per giusta causa dell’Agente fondato su gravi inadempimenti della Preponente;

– recesso dell’Agente per invalidità permanente o totale;

– recesso dell’Agente per infermità e/o malattia che non consentano la prosecuzione del rapporto;

– recesso dell’Agente per conseguimento della pensione di vecchiaia o vecchiaia anticipata Enasarco o per conseguimento della pensione di vecchiaia o anticipata Inps.

Tale indennità viene computata sull’ammontare globale delle provvigioni corrisposte o comunque dovute fino alla cessazione del rapporto; ne sono pertanto escluse quelle corrisposte o maturate dopo. L’A.E.C. industria 2014, così come già l’A.E.C. industria 2002, vi comprende anche le “altre somme”; l’A.E.C. commercio 2009/2010 le somme “a titolo di rimborso o concorso spese e di premio”.

Gli A.E.C. prevedono un sistema a scaglioni che varia a seconda dell’anzianità di servizio. In particolare l’A.E.C settore commercio 2009/2010 prevede le seguenti aliquote:

– 3% sulle provvigioni maturate nei primi tre anni di durata del rapporto di agenzia;

– 3,50% sulle provvigioni maturate dal quarto al sesto anno compiuto;

– 4% sulle provvigioni maturate negli anni successivi;

L’A.E.C settore industria 2014 ripropone il medesimo sistema di calcolo dell’A.E.C. industria 2002, ovvero:

– 3% sull’ammontare globale delle provvigioni e delle altre somme maturate;

– 0,50% aggiuntivo sulle provvigioni maturate dal quarto anno (nel limite massimo annuo di € 45.000,00 di provvigioni);

– ulteriore 0,50% aggiuntivo sulle provvigioni maturate dopo il sesto anno compiuto (nel limite massimo annuo di € 45.000,00 di provvigioni).

La somma del F.I.R.R. e dell’indennità suppletiva di clientela non incorre nel limite massimo previsto dall’art. 1751, 3° comma, codice civile (media provvigionale annuale), e quindi sono dovute anche se superano tale limite, separatamente o congiuntamente.

d) Il terzo emolumento spettante all’Agente è l’indennità meritocratica (in realtà nell’A.E.C. industria non viene espressamente così denominata ma bensì considerata come una aggiunta all’indennità suppletiva di clientela) che, analogamente a quanto previsto dall’art. 1751 codice civile, viene erogata soltanto se vi è stato un apporto e sviluppo di clientela e se sussistono sostanziali vantaggi per il Preponente derivanti dagli affari con tali clienti.

Come l’indennità suppletiva di clientela, l’indennità meritocratica non è dovuta se il contratto si scioglie ad iniziativa della Preponente per un fatto imputabile all’Agente e se a recedere sia volontariamente l’Agente, eccezion fatta per le seguenti ipotesi (sempre che si verifichino dopo che il rapporto sia durato almeno un anno):

–  recesso per giusta causa dell’Agente fondato su gravi inadempimenti della Preponente;

–  recesso dell’Agente per invalidità permanente o totale;

– recesso dell’Agente per infermità e/o malattia che non consentano la prosecuzione del rapporto;

– recesso dell’Agente per conseguimento della pensione di vecchiaia o vecchiaia anticipata Enasarco o per conseguimento della pensione di vecchiaia o anticipata Inps.

– cessione da parte dell’Agente ad un terzo dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto di agenzia (tale ipotesi è prevista unicamente dall’A.E.C. Commercio 2009/2010).

L’importo dell’indennità meritocratica in ogni caso non può essere superiore alla differenza tra l’ammontare massimo previsto dall’art. 1751, 3° comma, codice civile, e la somma di F.I.R.R. e indennità suppletiva di clientela.

Per ciò che concerne i metodi di calcolo essi sono diversi a seconda dell’A.E.C. di riferimento:

1) Metodo di calcolo A.E.C. industria 2002

Per prima cosa occorre calcolare il “valore reale dell’incremento della clientela e/o del fatturato” da parte dell’Agente e a tal fine si considera il volume complessivo dei guadagni provvigionali e di ogni altro compenso percepito dall’Agente.

Il valore dell’incremento si determina in base alla differenza tra i guadagni complessivi risultanti dalle ultime quattro liquidazioni trimestrali e quelli risultanti dalle prime quattro liquidazioni rivalutate.

A questo punto occorre calcolare un secondo valore denominato “tasso reale di incremento” che si determina commisurando percentualmente all’importo rivalutato delle prime quattro liquidazioni trimestrali il valore differenziale calcolato come sopra.

Esauriti i due precedenti passaggi, si applica al valore reale dell’incremento che abbiamo ottenuto una determinata aliquota crescente dall’1% al 7% in base al tasso di incremento reale:

– 1% sul valore reale di incremento, se il tasso reale di incremento è inferiore al 100%

– 2% sul valore reale di incremento, se il tasso reale di incremento è superiore al 100%

– 3% sul valore reale di incremento, se il tasso reale di incremento è superiore al 150%

– 4% sul valore reale di incremento, se il tasso reale di incremento è superiore al 200%

– 5% sul valore reale di incremento, se il tasso reale di incremento è superiore al 250%

– 6% sul valore reale di incremento, se il tasso reale di incremento è superiore al 300%

– 7% sul valore reale di incremento, se il tasso reale di incremento è superiore al 350%

Un esempio chiarirà meglio la procedura:

  • provvigioni ultime 4 liquidazioni trimestrali = € 65.000
  • provvigioni prime 4 liquidazioni trimestrali rivalutate = € 30.000
  • valore reale di incremento (differenza) = € 35.000
  • tasso reale di incremento = 117%
  • aliquota = 2%
  • indennità meritocratica = € 700

In luogo delle provvigioni le parti di comune accordo possono decidere di assumere come base di calcolo per la determinazione del tasso reale di incremento il fatturato rivalutato sul quale sono state conteggiate le prime quattro liquidazioni trimestrali e il fatturato sul quale sono state calcolate le ultime quattro liquidazioni trimestrali.

Se il rapporto di agenzia ha avuto una durata superiore ai cinque anni, il valore annuo iniziale da prendere in considerazione per l’individuazione sia del valore reale di incremento sia del tasso di incremento verrà determinato in base alla media annua delle provvigioni (o del fatturato in caso di accordo in tal senso) di competenza dell’Agente nei primi due anni di durata del rapporto (otto liquidazioni trimestrali) con la rivalutazione Istat. Il valore annuo finale sarà determinato sulla base della media annuale delle provvigioni (o del fatturato in caso di accordo in tal senso) di competenza dell’Agente negli ultimi due anni di durata del rapporto (otto liquidazioni trimestrali).

Se il rapporto di agenzia ha avuto una durata superiore a dieci anni, il valore annuo iniziale da prendere in considerazione per l’individuazione sia del valore reale di incremento sia del tasso di incremento verrà determinato in base alla media annua delle provvigioni (o del fatturato in caso di accordo in tal senso) di competenza dell’Agente nei primi tre anni di durata del rapporto (dodici liquidazioni trimestrali) con la rivalutazione Istat. Il valore annuo finale sarà determinato sulla base della media annuale delle provvigioni (o del fatturato in caso di accordo in tal senso) di competenza dell’Agente negli ultimi tre anni di durata del rapporto (dodici liquidazioni trimestrali).

2) Metodo di calcolo A.E.C. Commercio 2009/2010

* Per prima cosa si calcola la percentuale di incremento di fatturato, secondo una tabella di seguito indicata che correla il sistema di calcolo alla durata del contratto di agenzia, stabilendo a seconda dello scaglione una comparazione tra un certo fatturato iniziale della zona o dei clienti affidati all’Agente (inteso come volume delle vendite effettuate dalla casa mandante nella zona o per la clientela affidata all’Agente ed il corrispondente fatturato finale.

Tabella:

Durata del rapportoValore inizialeValore finale
Per il primo anno di durata del rapportoMedia del fatturato dei primi 3 mesiMedia del fatturato degli ultimi 3 mesi
Per il secondo anno di durata del rapportoMedia annua del volume del fatturato dei primi 2 trimestriMedia annua del volume del fatturato degli ultimi 2 trimestri
Per il terzo anno di durata del rapportoMedia annua del volume del fatturato dei primi 3 trimestriMedia annua del volume del fatturato degli ultimi 3 trimestri
Dall’inizio del quarto anno al compimento del sesto anno di durata del rapportoMedia annua del volume del fatturato dei primi 8 trimestriMedia annua del volume del fatturato degli ultimi 8 trimestri
Dall’inizio del settimo anno al compimento del nono anno di durata del rapportoMedia annua del volume del fatturato dei primi 12 trimestriMedia annua del volume del fatturato degli ultimi 12 trimestri
Dall’inizio del decimo al compimento del dodicesimo anno di durata del rapportoMedia annua del volume del fatturato dei primi 16 trimestriMedia annua del volume del fatturato degli ultimi 16 trimestri
Oltre il dodicesimo anno di durata del rapportoMedia annua del volume del fatturato dei primi 20 trimestriMedia annua del volume del fatturato degli ultimi 20 trimestri

* A questo punto si correla la percentuale sopra individuata alla durata del contratto di agenzia e si ottiene così la percentuale di calcolo dell’indennità meritocratica rispetto al valore massimo determinato ex art. 1751, codice civile, 3° comma, secondo la seguente tabella:

DURATA DEL RAPPORTO% DI INCREMENTO DEL FATTURATO% DI INDENNITA’ RISPETTO AL VALORE MASSIMO DETERMINATO IN APPLICAZIONE DELL’ART. 1751 CODICE CIVILE (DA CUI SOTTRARRE INDENNITA’ F.I.R.R. E INDENNITA’ SUPPLETIVA DI CLIENTELA
Fino a 12 mesi (1° anno)Da 0 a 5%
Da 5 a 30%25%
Da 30 a 60&30%
Da 60 a 150%40%
Oltre il 150%100%
Da 12 a 24 mesi (2°anno)Fino a 30%30%
Da 30 a 60%35%
Da 60 a 150%40%
Oltre il 150%100%
Da 24 a 36 mesi (3°anno)Fino a 30%35%
Da 30 a 60%40%
Da 60 a 150%45%
Oltre il 150%100%
Da 36 a 48 mesi (4° anno)Fino a 30%40%
Da 30 a 60%45%
Da 60 a 150%50%
Oltre il 150%100%
Da 48 a 60 mesi (5° anno)Fino a 30%45%
Da 30 a 60%50%
Da 60 a 150%55%
Oltre il 150%100%
Da 60 mesi in avantiFino a 30%50%
Da 30 a 60%55%
Da 60 a 150%60%
Oltre il 150%100%

* Infine si applica la percentuale sopra specificata al valore massimo ex art. 1751 codice civile e dalla somma così ottenuta si sottraggono l’indennità F.I.R.R. e indennità suppletiva di clientela, ricordandoci di verificare che l’indennità così calcolata non sia superiore alla differenza tra la somma di indennità F.I.R.R. e indennità suppletiva di clientela ed il valore massimo previsto dall’art. 1751 codice civile.

3) Metodo di calcolo A.E.C. Industria 2014

Sono previste sei fasi:

3.1. Per prima cosa occorre individuare il valore dell’incremento della clientela e/o del giro d’affari prendendo in considerazione il volume complessivo dei guadagni provvigionali e di ogni altro compenso percepito dall’Agente; detto valore si determina calcolando la differenza:

– tra i guadagni complessivi risultanti dalle ultime quattro liquidazioni trimestrali e quelli risultanti dalle prime quattro liquidazioni trimestrali rivalutate, nel caso di rapporti di agenzia che all’atto di cessazione del rapporto siano in corso da meno di 5 anni;

– tra i guadagni complessivi risultanti dalle ultime otto liquidazioni trimestrali e quelli risultanti dalle prime otto liquidazioni trimestrali rivalutate, nel caso di rapporti di agenzia che all’atto di cessazione del rapporto siano in corso da più di 5 anni;

– tra i guadagni complessivi risultanti dalle ultime dodici liquidazioni trimestrali e quelli risultanti dalle prime dodici liquidazioni trimestrali rivalutate, nel caso di rapporti di agenzia che all’atto di cessazione del rapporto siano in corso da oltre 10 anni.

3.2. A questo punto si individua il c.d. “periodo di prognosi”, che serve a stimare il periodo durante il quale la Preponente continuerà a trarre vantaggi dall’attività del proprio Agente; tale valore si determina in base alla seguente tabella:

TIPOLOGIAPERIODO DI PROGNOSI (Anni di proiezione)
Agente monomandatario con durata inferiore o uguale a 5 anni2,25
Agente monomandatario con durata superiore a 5 anni ed inferiore o uguale a 10 anni2,75
Agente monomandatario con durata superiore a 10 anni3,25
Agente plurimandatario con durata inferiore o uguale a 5 anni2,00
Agente plurimandatario con durata superiore a 5 anni ed inferiore o uguale a 10 anni2,50
Agente plurimandatario con durata superiore a 10 anni3,00

3.3 Fatto ciò, si determina il c.d. “tasso di migrazione” della clientela, in base alla seguente tabella:

TIPOLOGIAPERIODO DI PROGNOSI (Anni di proiezione)
Agente monomandatario con durata inferiore o uguale a 5 anni15%
Agente monomandatario con durata superiore a 5 anni ed inferiore o uguale a 10 anni20%
Agente monomandatario con durata superiore a 10 anni35%
Agente plurimandatario con durata inferiore o uguale a 5 anni17%
Agente plurimandatario con durata superiore a 5 anni ed inferiore o uguale a 10 anni22%
Agente plurimandatario con durata superiore a 10 anni37%

Adesso occorre sottrarre, per il primo anno del periodo di prognosi il citato tasso di migrazione dal valore dell’incremento delle provvigioni dell’Agente di cui al punto 3.1. Per gli anni successivi del periodo di prognosi, il tasso di migrazione deve essere sottratto dal valore determinato per l’anno di prognosi precedente. Si sommano i risultati così ottenuti.

3.4 L’importo così ottenuto deve essere forfetariamente diminuito di una percentuale pari al (i) 10% per i contratti di agenzia di durata inferiore o uguale a 5 anni; (ii) 15% per i contratti di agenzia di durata superiore a 5 anni e pari o inferiore a 10 anni; (iii) 20% per i contratti di agenzia di durata superiore a 10 anni.

3.5. L’indennità meritocratica calcolata in base ai precedenti punti viene confrontata con il valore massimo previsto dal 3° comma dell’art. 1751 del codice civile, vale a dire la media annua delle provvigioni negli ultimi 5 anni di durata del rapporto, oppure nel periodo lavorato se la durata del rapporto è stata inferiore a 5 anni. Qualora l’importo calcolato ecceda il tetto massimo, l’indennità sarà pari a quest’ultimo.

3.6. Infine, all’indennità meritocratica si sottraggono gli importi dell’indennità F.I.R.R. e dell’indennità suppletiva di clientela.

4.0 Disciplina transitoria

In base alla disciplina transitoria prevista dall’A.E.C. Industria 2014, il metodo di calcolo previsto da tale A.E.C. si applica a tutti i contratti stipulati dopo il 1° gennaio 2014; mentre si applica la doppia disciplina (A.E.C. Industria 2002 fino al 31.12.2015 e A.E.C. Industria 2014 dal 1° gennaio 2016) per i contratti stipulati prima del 1° gennaio 2014 e cessati dopo il 31 marzo 2017.

PERCHE’ RIVOLGERSI AD UN AVVOCATO SPECIALIZZATO IN CONTRATTO DI AGENZIA

avvocato contratto di agenzia

I RISCHI DI UNA ASSISTENZA LEGALE NON QUALIFICATA

A cura dell’Avv. Alessio Pistone, esperto  in contratto di agenzia

Vorrei iniziare questo posto rivolgendoti una semplice domanda: se dovessi affidarti ad un medico per un’operazione complicata e delicata, sceglieresti un semplice medico chirurgo oppure il medico migliore che si è specializzato proprio in quella delicata operazione?

Sono certo della tua risposta: non esiteresti a fissare un appuntamento con il medico chirurgo che vanta una pluriennale esperienza in quel tipo di operazione chirurgica cui ti dovrai sottoporre.

Ebbene, lo stesso ragionamento dovresti seguire quando ti trovi di fronte ad un problema in tema di contratto di agenzia che richiede la necessità di rivolgerti ad un legale.

Affidarti ad un Avvocato c.d. “generalista” che si occupa di tutti i settori del diritto civile, spaziando dal diritto di famiglia e delle successioni, al recupero crediti e alle liti condominiali o, pur trattando il diritto del lavoro, ha sempre assistito soltanto lavoratori subordinati e mai Agenti di Commercio o mai società preponenti, comporterà notevoli rischi e l’elevata probabilità quanto meno di avere pagato inutili spese legali.

La materia del diritto di Agenzia richiede competenze altamente specialistiche, costituendo una sottocategoria sia del diritto del lavoro, del tutto differente dal contratto di lavoro subordinato, sia della contrattualistica di impresa e del diritto commerciale.

Il contratto di Agenzia è infatti regolato da una pluralità di fonti (Codice Civile, Accordi Economici Collettivi di Diritto Comune, Accordi Economici Collettivi erga omnes, Regolamento Enasarco) ed interessato da una copiosa e contraddittoria giurisprudenza.

L’Avvocato specializzato in tale materia pertanto oltre a doversi necessariamente costantemente aggiornare con uno studio specifico in tale settore, deve possedere una solida preparazione e competenza in ogni aspetto del diritto del lavoro, del processo del lavoro, del processo civile, del diritto commerciale e societario, della contrattualistica in genere e di impresa in particolare e, persino, competenze in ambito fiscale.

Non ci vuol molto a comprendere che realisticamente un Avvocato che affronti seriamente la materia non può dedicarsi anche ad altre materie che già di per sé richiedono una competenza esclusiva, quali ad esempio il diritto di famiglia e dei minori o il diritto delle successioni o addirittura altri settori come il penale e l’amministrativo.

Ma Ti dirò un’altra scomoda verità: molto spesso neanche gli stessi Giudici conoscono appieno la disciplina del Contratto di Agenzia.

Ecco allora che solamente un legale con una pluriennale esperienza in contenziosi tra Agenti e Case Mandanti è in grado di redigere atti complessi, utilizzando a favore dell’Agente tutta la normativa sia generale che speciale, nonché tutta la giurisprudenza di settore sia di legittimità che di merito.

Tale Avvocato possiede inoltre tutte le “armi” per svolgere complesse attività stragiudiziali, volte a valutare la possibilità di definire in via transattiva fuori dal giudizio la vicenda, riuscendo a definire prima il rapporto costi/benefici di una azione giudiziale e condurre così alla stipula di un verbale di conciliazione in sede sindacale con esatto conteggio delle spettanze dovute.

Anche la scelta di rivolegerti ad un Sindacato di categoria non è spesso la soluzione migliore. Ricorda che in primo luogo il Sindacato ti chiederà una quota associativa annuale ma, soprattutto, affiderà la Tua pratica ad uno dei tanti avvocati convenzionati, che, pur nelle migliori intenzioni e pur se specializzati nella materia, dovranno sempre dar conto delle loro scelte e del loro operato al Sindacato dal quale ricevono continuativamente pratiche affidate.

Lo Studio Legale Pistone, non è legato ad alcun vincolo professionale con Sindacati di categoria ed ha ottenuto numerose sentenze a favore dei propri clienti sia quale difensore delle Società mandanti sia come difensore degli Agenti di Commercio.

AGENTE DI COMMERCIO: VADEMECUM

Guida legale agenti

Sommario:
DI SEGUITO UN PREZIOSO VADEMECUM LEGALE GRATUITO PER TUTTI GLI AGENTI DI COMMERCIO CHE VOGLIONO TUTELARE AL MEGLIO I PROPRI DIRITTI A CURA DELL’ AVV. ALESSIO PISTONE, TITOLARE DELLO STUDIO LEGALE PISTONE SPECIALIZZATO IN CONTRATTO DI AGENZIA E DISTRIBUZIONE COMMERCIALE

Al fine di non perdere la possibilità di richiedere tutte le spettanze di fine rapporto (indennità di fine rapporto; indennità preavviso, nuova indennità clientela meritocratica, indennità F.I.R.R., indennità maneggio denaro, indennità per il patto di non concorrenza, indennità suppletiva di clientela e le provvigioni a qualsiasi titolo ancora dovute), l’Agente di commercio dovrebbe sempre tenere a mente i seguenti suggerimenti:
 

  1. MAI AZIONARE IL RECESSO ORDINARIO DAL CONTRATTO DI AGENZIA.  Le mandanti , infatti, spingeranno sempre gli agenti di commercio a promuovere loro il recesso al fine di non pagare le dovute spettanze di fine rapporto. Uno Studio Legale specializzato in diritto di agenzia è in grado di valutare la soluzione migliore per l’agente in caso di fine del rapporto.
  2. Durante il rapporto di agenzia, comunicate con la ditta mandante attraverso mezzi che consentano di mantenere traccia del contenuto, conservate tali documenti e richiedete sempre una copia dei contratti stipulati con i clienti da voi procacciati. Ricordate che la preponente in caso di recesso, si attiverà immediatamente per bloccare agli agenti di commercio l’accesso ai sistemi informatici e ai server interni.
  3. Sottoponete sempre al vaglio di un legale specializzato il testo del contratto di agenzia iniziale e tutti gli eventuali mandati di rinnovo. Ricorda che la Ditta mandante tenderà a fare firmare agli agenti di commercio delle condizioni peggiorative rispetto all’originario contratto.
  4. Ricordate che in caso di recesso per giusta causa da parte della ditta preponente avrete un brevissimo termine di decadenza per impugnare il provvedimento. Scaduto tale termine rischiate di non potere più fare valere le vostre ragioni.
  5. Ricordate che le spettanze di fine rapporto sono dovute anche in caso di cessazione di un rapporto a tempo determinato.
  6. Ricordate che un avvocato esperto in diritto di agenzia in molti casi è in grado di fare ottenere all’agente il limite massimo dell’indennità ex art. 1751 c.c. o, comunque l’esatto importo delle Indennità di fine rapporto previste dagli Agenti di Commercio.
  7. Ricordate che se avete svolto anche attività di incasso, avrete diritto, salvo casi particolari, ad una indennità aggiuntiva, c.d. “Indennità di incasso”.
  8. Ricordate che in vaso di variazioni di zona, prodotto, provvigioni, che si traducano in una riduzione oltre una data soglia percentuale, della media delle provvigioni percepite nell’anno precedente la variazione, avrete diritto a comunicare entro un breve termine di decadenza la vostra intenzione di non accettare la suddetta variazione, interrompendo così il rapporto per colpa della mandante, la quale dovrà corrispondervi tutte le spettanze di fine rapporto, oltre all’indennità di mancato preavviso.