Studio Legale Pistone

Indennità ex art. 1751 c.c. (c.d.“Europea”) all’agente: riconosciuta la massima misura.

Il Giudice accoglie in toto la difesa dello Studio Legale Pistone.

Importante successo dello Studio Legale Pistone: riconosciuta l’illegittimità del recesso per giusta causa della preponente e il pagamento all’agente dell’indennità al 100% di cui all’art. 1715 c.c., oltre all’indennità di mancato preavviso e agli interessi moratori ex D.Lgs. 231/2002

La vicenda nasce nel 2015. Un Agente di commercio operante in forma societaria, (snc) nel settore dell’abbigliamento, subisce il recesso per giusta causa e l’unilaterale risoluzione del rapporto dalla propria Preponente.

La Preponente lamenta un grave inadempimento da parte dell’Agente, declinandolo in svariate supposte mancanze: dalla (1) mancata adesione dell’agente alle istruzioni della Preponente, alla (2) mancata copertura commerciale della zona da parte dell’Agente; dal (3) continuo calo del fatturato dell’Agente con elevato numero di insolvenze, alla (4) mancata presenza dell’Agente nella fase “post vendita”; infine gli contesta (5) una presunta attività svolta dall’Agente stesso in “concorrenza sleale ed indebita” rispetto all’attività svolta dal Preponente.

Il Tribunale accoglie senz’altro le ragioni dell’Agente ricorrente, difeso dall’Avv. Alessio Pistone, riconoscendo l’illegittimità del recesso per insussistenza di giusta causa, quindi il pagamento dell’indennità ex art. 1715 c.c. nella massima misura, oltre all’indennità di mancato preavviso e agli interessi moratori.

Da quanto emerso in istruttoria, non sussistono, infatti, elementi sufficienti che inducano a ritenere che il denunziato calo del fatturato sia dovuto a negligenza dell’Agente e, quindi, da suo inadempimento.

È fatto notorio, ricorda il Giudice, che in quegli anni presi a campione dalla Preponente per muovere il rimprovero all’agente vi era un acclarato andamento negativo dell’economica e una recessione generale. Tanto più che il settore di riferimento è proprio quello dell’abbigliamento.

In aggiunta, evidenzia come il contratto di Agenzia stipulato tra le parti non prevedesse un minimo obiettivo di fatturato da raggiungere. Dunque, l’onere della prova della diminuzione degli affari spettava alla Preponente, che nulla ha saputo allegare a proprio favore, se non un elenco di contatti che erano stati suggeriti all’Agente per allargare il fatturato.

E tale elenco rilevava a ben poco, dato che non vi è nessuna certezza che il contatto e il rapporto che l’Agente avrebbe potuto instaurare con questi contatti avrebbe portato ad un aumento sicuro del fatturato.

Anzi, è nella discrezionalità dell’Agente operare cercando nuovi clienti secondo la propria perizia, peraltro specifica dell’area geografica del luogo in cui dovrà inserirsi ed espandersi commercialmente.

Per ciò che riguarda le perdite dovute ad insolvenza di clienti, a tenore di contratto, l’opportunità del concludere affari o meno con essi restava nell’insindacabile giudizio della Preponente.

“Far ricadere sull’agente, come addebito, le conseguenze dell’insolvenza dei clienti, significherebbe far carico all’agente di una responsabilità non sua, sino all’estrema conseguenza invocata dalla preponente della risoluzione del contratto”.

Genericamente, la Preponente accusa l’Agente di essersi disinteressato del commercio e di non aver dimostrato disponibilità né puntualità nel rapporto con i clienti e nel riassortimento della merce.

Di contro, l’Agente produce prove documentali in merito alla sua diligente attività relativa proprio alla necessità di riassortimento, ai problemi con i clienti su ordini e modalità di pagamento, ai rapporti con il pubblico, alla segnalazione dei difetti del prodotto, causa dell’insuccesso di un’intera collezione.

Il Giudice dà ragione alla nostra difesa smentendo anche la più importante delle imputazioni mosse dalla Preponente all’Agente: la violazione del divieto di concorrenza.

Ebbene, viene provato come i prodotti di vestiario del secondo marchio rispondessero a target di vendita completamente diversi, data la notevole differenza di prezzo tra articoli dello stesso tipo. Inoltre, tra le altre, e di ancora maggiore importanza è la prova della conoscenza, da parte della Preponente, dell’ulteriore attività svolta dall’agente, mai, fino ad ora, contestata come attività in concorrenza con quella svolta per la stessa Preponente.

Per leggere il testo integrale delle sentenza (una sentenza non definitiva sull’an e una definitiva sul quantum, cliccare

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